Galilei e i paradossi dell’infinito
Nel Seicento, il fiorentino Galileo Galilei (1564-1642), considerato il fondatore della scienza moderna, fu uno dei primi scienziati a mettere in discussione il concetto d’infinito elaborato dalla filosofia greca. Egli affermò la possibilità di ridurre un continuo limitato (ad esempio un segmento) in infiniti elementi “primi” non “quanti” (cioè senza estensione) indivisibili. Poiché infatti un segmento può essere diviso in quante parti si vuole ancora divisibili, si deve necessariamente ammettere che esso sia composto da infinite parti, ma se queste parti sono infinite allora devono necessariamente essere “non quante”, cioè prive di estensione, perché infinite parti estese hanno un’estensione infinita, mentre il segmento ha un’estensione limitata.
L’infinito in atto, allora, non può non essere pensato ed il segmento non è altro che una sua manifestazione. Un’altra espressione dell’infinito attuale è allora la circonferenza: poiché infatti è possibile “piegare” un segmento a formare un quadrato o un qualunque poligono regolare con un qualsivoglia numero di lati, allora piegandolo a formare un cerchio si può benissimo dire di “aver ridotto all’atto quelle parti infinite che prima, quando era un segmento dicevamo esser di lei contenute in potenza”. Possiamo infatti “vedere” la circonferenza come un poligono con un numero infinito di lati.
Galilei fu però anche il primo a rendersi conto dei paradossi che nascevano dall’ammettere l’infinito attuale e per questo, pur affermando con forza le sue idee sul piano filosofico, preferì essere più cauto dal punto di vista matematico, rifiutando di utilizzare gli “infiniti indivisibili non quanti” in geometria: egli elaborò infatti dei paradossi che non riuscì a risolvere e questo lo portò ad affermare che “Queste son di quelle difficoltà che derivano dal discorrer che noi facciamo col nostro intelletto finito intorno a gl’infiniti, dandogli quelli attributi che noi diamo alle cose finite e terminate; il che penso che sia inconveniente…”.
I paradossi proposti da Galilei che qui consideriamo sono due: Il Paradosso dei quadrati e il Paradosso delle ruote,
I quadrati sono solo una parte dei numeri naturali. E’ però possibile stabilire una corrispondenza biunivoca tra N e l’insieme dei quadrati, cioè una corrispondenza nella quale ad ogni numero naturale corrisponda uno ed un solo quadrato
I quadrati sono perciò tanti quanti i numeri naturali e ciò significa che una parte può essere “uguale” al tutto. | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | … | | | | | | | | | | | | | | | | | | | 1 | 4 | 9 | 16 | 25 | 36 | 49 | 64 | … | |||||||||||||||||||||||||||
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Due ruote concentriche, tali che la più grande rotoli sopra una retta, toccano con i loro punti due segmenti di uguale lunghezza |
Come si è accennato sopra, Galileo non riuscì a trovare una soluzione ai suoi paradossi e questo fatto lo portò a negare, come matematico, la possibilità di indagare l’infinito: quando “siamo tra gl’infiniti e gl’indivisibili, quelli [gl’infiniti] sono incomprensibili dal nostro intelletto finito per la loro grandezza, e questi [gl’indivisibili] per la loro piccolezza”; tuttavia Galileo, come filosofo, si permise di fare delle congetture “arbitrarie e non necessarie” sulla natura dell’infinito e questo è il suo più grande merito.

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